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Messaggio  Admin Mar 25 Ago 2009, 23:32


Introduzione Liber139

Vae victis: ed è giusto e vero.
E’ giusto perché il duello tra due masse o due idee, due popoli o due individui costituisce la reciproca accettazione delle parti di affidare alla forza la designazione del vincitore.
E’ vero perché i fatti a tutt’oggi non l‘hanno ancora smentito.
Che sia giusto nel campo dell’onore e che sia vero rientra nella storia.
Se però il vincitore ha il diritto di alzare la palma della vittoria non può non riconoscere il valore del vinto, anche quando questo non è riuscito ad abbattere l’avversario spesso soltanto fortunato.
Al morente Adelchi che nel vincitore Carlo invocava il << superbo nemico >> il Re dei Franchi dice:
<< con questo nome, Adelchi,
più non chiamarmi; il fui: ma con le tombe
empia e villana è nimistà ;…>>>.
Se il corpo morto del nemico vinto è imbrattato di fango, è del vincitore il dovere di lavarlo. Ed è nel campo dell’onore che rientra quest’atto che nella sua umanità cancella e purifica la brutalità della lotta.
Millenni di storia insegnano tale atto umanitario; l’odierna civiltà, tacciandoli di barbarie, pretenderebbe dettare nuove leggi dell’onore, eterno e immutabile nel suo principio.
Centinaia di chilometri di filo spinato, interminabili colonne di macilenti e spettrali prigionieri, campi senza fine delimitati da recinti di ostili baionette, immensi deserti di sabbie e di nevi consacrati in cimiteri d’eroi, trincere abbeverate dal sangue di valorosi, montagne per la prima volta violate dagli scarponi di arditi, e le macerie di alveari umani, e i roghi che avvamparono sul suolo martoriato, e il profondo dei mari dove giacciono i marinai d’Italia e del mondo, tutto, tutti sono inconfutabili testimoni che l’Italiano, cadendo, non ebbe mai il volto imbrattato di fango, e, se lo ebbe, ciò avvenne quando cadde bocconi colpito alle spalle.
Da improvvisi podi, da mobili cattedre sedicenti autorevoli, da prezzolati comizianti, da asserviti oratori, da tornacontisti politicanti, da poliedrici opportunisti, in seno a mal combinati capannelli, da quando un destino avverso, in parte aiutato da ancora più avversi degeneri, volle che la fortuna volgesse a noi le spalle, troppo si è parlato, e nell’apparente ricerca  delle cause, e nella reale conquista di venali interessi personali si è messa abbastanza facilmente in giuoco la onorabilità tutta di un popolo nobile e valoroso.
Voci stranieri d’oltrecortina, d’oltremare e d’oltreoceano, echeggiante e moltiplicante da asserviti italiani, hanno ripreso ad elargirci il sistematico disprezzo di ingiuriose calunnie, amara tradizione dall’Unità d’Italia fino alla vigilia dell’avvento al potere di Mussolini.
L’esplosione di un potente odio, covato per parecchio tempo ed ingigantito da ventidue anni di Fascismo lodato ed ammirato dal mondo intero, imitato da parecchie nazioni, si è ancora una volta abbattuto sulla nostra Patria mille volte più grande della loro, e sul nostro popolo mille volte più valoroso del loro.
Da quando, dopo lo sterminio e i lutti di una guerra disastrosa, il suolo italiano assunse una caotica gamma di colori, svenandosi in mille ideologie, da quando gli italiani ricevettero in nome di una pseudo libertà l’obbligo della miseria morale e la schiavitù nazionale e con esse la licenza di infamarsi ed infangarsi a vicenda, disparate voci col senno del poi si assisero al banco dei giudici ed osarono gridare alla responsabilità ed alle colpe.
Da allora l’Italia venne segnalata come nazione traditrice per eccellenza; da allora il popolo italiano divenne responsabile di aver spalancato le porte di Roma al << malaugurato e nefando >> Capo di Governo dell’ultima grande guerra; da allora il popolo italiano apparve il volontario succube del << deprecato guerrafondaio >> regime fascista; da allora si attribuì al popolo italiano, dilaniato e vinto, il più efferato delitto registrato nella storia, dandogli la paternità della obbrobriosa uccisione di colui al quale egli stesso aveva profuso gli osanna; da allora si scoperse che l’italiano era vigliacco in guerra ed inetto in pace.
Non sapremo, dopo cosi vasta letteratura a buon mercato, dare il nostro contributo seguendo la falsariga di simili scrivani senza sentirci rei della più grande empietà.
Dinanzi alle centinaia di migliaia di oscuri eroi che hanno riconfermato l’onore di una terra sfortunata noi non possiamo che inchinarci e tacere e, tacendo, meditare.
Ma giacché malvagie e meschine voci, insultando la nostra dolorante situazione, profanano la santità della nostra sventura, sentiamo di dovere alzare un velo e dar posto a voci più forti che, da date lontane o vicine, da bocche ostili o non amiche, gridano per allora ed anche per oggi un verdetto indiscusso di verità.
Ed è per questo alla sorvolante dimostrazione storico-cronologica abbiamo preferito unire il pensiero di uomini, i quali, in epoche passate o contemporanee, con l’obbiettività che è data dalla loro elevatezza o dalla loro nazionalità in rapporto alla entità dei giudizi, non sono imputabili di servilismo o tornacontismo.
I collezionisti di giornali, rovistando tra quelli dell’ultimo ottantennio, troveranno molti brani riportati in questo forum-post.
Li troveranno insieme ad altri che forse allora collezionarono in unica rubrica. Smistino ora la loro collezione, la depurino degli articoli adulatori e vedranno l’anima dell’Italiano. Non  si curino di chi impersona l’italiano di allora, perché sotto il nome di D’Annunzio, Aosta, Mussolini, Graziani etc. appare sempre il carattere dell’italiano fiero e spassionato che delle proprie energie e della propria vita tiene conto soltanto per il bene della Patria.
All’astio bilioso di tutta una vasta denigratoria letteratura, mirante a farci scontare il prezzo della grande potenza che l’Italia aveva raggiunto sotto i segni delle aquile e dei fasci littori nel ventennio mussoliniano, opponiamo le voci e gli scritti di onesti avversari e di illustri stranieri.
Le loro definizioni, date non con mani pietose e commiserevoli ma con spregiudicato e spontaneo giudizio, dovrebbero eliminare qualunque polemica e qualunque tergiversazione. Nelle molteplici forme di questi giudizi e attraverso le lenti che non sanno di adulazione o di fanatismo, di tornacontismo o di venalità, di partigianesimo o di pseudo-patriottismo, guardiamo l’Italiano di ieri, che è l’Italiano di oggi, che è l’Italiano di domani e sarà l’Italiano di sempre.

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