Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.

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Messaggio  Admin Sab 22 Feb 2020, 22:16

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera16

Non vi è giorno che Mediaset, come il presedente Mattarella, non ricordi la shoa, e a volte come ha fatto il burattinesco    programma di “Striscia la Notizia” il 19 febbraio 2020, va anche oltre, per questo non vi è meraviglia alcuna, nel vedere Roberto Lipari, inviato a Pomezia affinché indottrinasse i telespettatori contro le cosiddette discriminazione.

Questo infame che, conosce solo la mano del suo padrone, ha messo insieme alcuni giovani sinistri al fine di fingere una intervista dinanzi alla scuola che si era aperta ad un dei tantissimi ebrei sopravissuti (per la complicità sionista con gli anglo-americani) affinché indottrinasse, con l’ormai cronica lagna della shoa, studenti e professori.

Il servizio, realizzato dopo giorni di indottrinamento da parte dei TG, mirava ancora una volta ad attaccare la, sempre più divisa, Comunità Fascista la  quale secondo Lipari, è  composta da gente ignorante, parola che ha più volte marcato.

Lipari, ha dato per certo che la scritta  “calpesta l’ebreo” sia opera di un appartenente all’estrema destra, da sempre rappresentata all’opinione pubblica, dagli organi d’informazione  violenta, omofoba e razzista, escludendo categoricamente l’imbecillità di un qualsiasi abitante - giovane o anziano - di Pomezia.
Una stupida frase senza alcun significato storico, permette alle radio e televisioni berlusconiani di mettere in atto il  prepotente tentativo d’indottrinamento dei propri telespettatori, al pari di tutte le altre piattaforme TV.
Il martellante richiamo all’ignoranza dei Fascisti più volte enfatizzato dal Lipari ci costringe a ricambiare asserzione.  Lipari Ci racconti la storia dell’ebraismo. Se la conosce la storia del Fascismo, a patto che escluda gli anni dell’emergenza, guerra e leggi razziali per questo non era Fascismo ma difesa della Patria.
Se come pensiamo vive di frasi fatte per leccare di volta in volta la mano di un padrone, prenda atto che l’ignorante è Lui.

A questo proposito posyiamo per Lipari e per quanti ci seguono, parte della produzione letteraria della Casa Editrice Ar Partendo dalla sua  presentazione.

1963-2013: cinquant’anni di Ar.
Il 9 dicembre 1963: solo dopo diciotto anni dalla fine della guerra all’Italia fascista, a Padova, nel quartiere Arcella con ancora i crateri delle bombe angloamericane, Franco Freda, da vita alle Edizioni Ar, affitta un’ex rimessa dove si ritrovano ragazzi tra i diciotto e i vent’anni, insieme a fuoriusciti dal MSI, un ex brigatista nero ed ex reggente di Ordine Nuovo.

La realtà è poca, ma è l’idea, secondo Freda, che deve giudicare la realtà, non viceversa. Infatti, il nome che il gruppo si dà è un’esortazione anagogica: Ar. Ar è il radicale di quei termini di origine indoeuropea che esprimono la vigoria fisico-morale (aretè, in greco, ‘aristocrazia’), fino ad arrampicarsi nelle implicazioni metafisiche di essa: i vocaboli ordine, rito.

Un radicale linguistico, germe intemporale di significato da completare nel tempo, da sigillare con il proprio operato. Perenne, arcaico, ma pronto a innestarsi nel nuovo presente che lo voglia e sappia assumere. Un’idea senza il confine di una parola, che chiunque sia abbastanza schietto e lucido può comprendere, indovinare e tradurre in azione (un radicale non è circoscritto: è in attesa della sua espansione). L’idea – banale, in fondo – del Bene come l’avrebbe coltivata un antico.

Ar significava stare nel tempo senza esaurirsi in esso. Coltivare, nel tempo, le migliori virtù umane (o dovremo dire aumane, tanto ci sono, qui, lontane?). Dunque, ogni sabato sera, al posto dei festini col mangiadischi, letture rituali in via Patriarcato. Nietzsche, Evola, la biografia di Federico II del Kantorowicz. A leggere è Freda, con la sua voce da basso. Altro che “così è se vi pare”: così è e così deve essere, costi quel che costi in termini di spiacevolezze. Non si poteva accettare che il mondo precipitasse verso la vita comoda, la competizione dei minimi termini, a chi si comprava prima la nuova Seicento, a chi beveva più daiquiri al tavolino di un bar. Si era alzata una nuvola di cipria che neanche l’atomica americana: si rischiava di non vedere più il sole. E Leonardo, genio riconosciuto, che in tempi non sospetti aveva proclamato: “No si volta chi a stella è fiso”. In Italia stava
scoppiando mezza guerra civile il giorno in cui spararono a Togliatti: migliaia di rossi inferociti per le strade, e tutto si ricompose per la vittoria di Bartali al Tour de France. Già allora si poteva intuire come sarebbe finita. “Se si tolgono all’uomo le sue catene, si libera solo un animale” – ci ricorda l’abrasivo Nicolás Gómez Dávila, pubblicato da Ar nel 2007.

Ma le catene dell’uomo non devono necessariamente essere le lambiccate analisi del filosofo razionalista, che vuol salvare capra e cavoli mettendo insieme l’ineffabile e la sua dimostrazione. La verità è ai confini con l’irrazionale, è come un radicale linguistico, come il radicale ar: va indovinata, non può frantumarsi in porzioni di comoda ingestione. Deve turbare – sostiene Nietzsche, autore-cardine di Ar. Ma chi legge il Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, primo volume pubblicato dalle Edizioni di Ar, deve sapere che non ha di fronte i discendenti degli inglesi che seviziavano i boeri nei primi campi di concentramento della storia e capire che si tratta, in fondo, di una terapia d’urto per uscire dalla palude del dopoguerra. C’è il libro e c’è il lettore: tra di loro un destino, forse, di consonanze.

“Un bosco di corna, l’umanità, più fitto del bosco della Ficuzza quand’era bosco davvero. E sai chi se la spassa a passeggiare sulle corna? Primo, tienilo bene a mente: i preti; secondo: i politici, e tanto più dicono di essere col popolo, di volere il bene del popolo, tanto più gli calcano i piedi sulle corna; terzo: quelli come me e come te… È vero che c’è il rischio di mettere il piede in fallo e di restare infilzati, tanto per me quanto per i preti e per i politici: ma anche se mi squarcia dentro, un corno è sempre un corno; e chi lo porta in testa è un cornuto… La soddisfazione, sangue di Dio, la soddisfazione: mi va male, muoio, ma siete dei cornuti…”

È Leonardo Sciascia a offrirci lo scorcio perfetto della società attuale, attraverso la voce di uno di quei suoi personaggi che quando aprono bocca fanno impallidire tutti i filosofi à la page. E, a proposito di destino, e di consonanze: è sempre Sciascia, nel novembre del 1979, a sdegnarsi per come Freda è stato trascinato in Italia dal Costarica, dove si era rifugiato.

Il panorama culturale italiano è così ricco di corna, oggi, che il bosco della Ficuzza, a confronto, pare una radura. altrove (ora una gattabuia Ar splende nel suo, ora Nubicuculia) come un unicum, per libertà di pensiero e sincerità di azione. Cinquant’anni che pubblica libri per i non cornuti: “La soddisfazione, sangue di Dio, la soddisfazione”!…

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Le pubblicazioni Ar  nel tempo hanno impegnato le migliori inteligenze antisistema. Da qui a seguire il catalogo della su detta cultura.

LE PUBBLICAZIONI:
Meridionalismo e tradizione – intervista al prof. Massimo Pacilio sul Roma

Massimo Pacilio ha raccolto gli articoli di Evola apparsi su “La Vita Italiana” e da quasi 20 anni è autore delle Edizioni di Ar, con cui ha pubblicato anche un libro su René Guénon. Un tradizionalista, termine che sempre più spesso viene associato al meridionalismo o per meglio dire al Borbonismo.

D. Professor Pacilio, le Edizioni di Ar, da sempre attente al tradizionalismo, cosa riscontrano di tradizionale nel meridionalismo di oggi?

R. Quando parliamo di meridionalismo intendiamo un insieme di opere e di autori così eterogeneo da rendere difficile il disegno di una precisa linea di confine. Tuttavia, agli studi susseguitisi negli ultimi tempi va riconosciuta una funzione essenziale: la capacità di aver corretto la percezione del paesaggio etnico meridionale, collocando in una nuova luce gli elementi di una storia spesso oscurata e deformata. Sottratto, così, all’“agiografia risorgimentale”, il Meridione può essere inteso come ‘morfologia di una Nazione’ e, quindi, proprio perché espressione di una kultur, esso smette di rappresentare un concetto recluso nel campo degli studi sociali, per essere invece il riflesso di una tradizione che risale, non dimentichiamolo, ad un’epoca immune dalla “modernità”. In questo senso, non certamente nelle dispersive analisi economiche – che immancabilmente soffrono dell’urgenza dell’originalità a tutti i costi –, ma negli studi storici di recenti studiosi si possono ritrovare motivi riconducibili ad una visione tradizionale, soprattutto quando si riesce a cogliere aspetti come il legame profondo tra l’autorità regale e il popolo meridionale, oppure la capacità dei monarchi di restare “in ordine”, anche quando le vicende europee aprivano spazi al compromesso con i nuovi  dogmi del liberalismo. Quando il meridionalismo, invece, si risolve nella semplice rivendicazione di un primato tecnologico, industriale o finanziario non fa altro che replicare, ma in una veste già logora, gli stessi motivi di coloro che  furono i nemici del Meridione.

D. Sempre più si svelano i segreti della storia, sempre più si scopre sul ruolo fondamentale della massoneria e dell’Inghilterra nei fatti del risorgimento, non è anche una vittoria di chi ha sempre sostenuto l’esistenza del complotto mondialista?

R. Sì. Il pensiero tradizionalista ha da sempre riconosciuto l’esistenza di quella che è stata definita “la terza dimensione della storia” (Evola). Non è necessario essere “credenti” per veder operare nella storia agenti che hanno scopi non dichiarati o dissimulati. La necessità, per chi ambisce al potere, di non manifestare le proprie intenzioni è un’antica prescrizione nota sin dai tempi di Sun Tzu e ribadita anche nell’opera del Machiavelli. Oggi, nella propaganda di regime, il termine “complotto” – ancor più quando è accompagnato dall’aggettivo “mondialista” – è sinonimo di ossessione per la “dietrologia”, ma è altrettanto evidente che questa accusa, con cui si pretenderebbe di escludere dalla storiografia ciò che non è “scientificamente” dimostrabile, ha essa stessa uno spiccato carattere ideologico: serve, infatti, a legittimare l’ordine costituito. Dopo la seconda guerra mondiale, e in maniera più accentuata dopo il crollo del muro di Berlino, i regimi democratici non esibiscono mai, se non nelle aree periferiche, un volto repressivo, avendo riposto tutte le loro forze nel condizionamento e nella distorsione delle menti, ossia nell’impero del “pensiero unico”, del “politicamente corretto”. Il contributo più efficace alla costruzione di questa ideologia è venuto sicuramente da quegli ambienti che, convenzionalmente, definiamo “massonici” e che sono stati all’opera durante l’unificazione politica italiana. Il passaggio della Francia dalla monarchia alla repubblica e, ancora prima, la fabbricazione di quella Non-Nazione che sono gli Stati Uniti d’America costituiscono, insieme alle altre rivoluzioni liberali europee, il trionfo di quei progetti politici elaborati segretamente nelle logge e di cui attualmente la Massoneria è orgogliosa. Il Meridione fu una delle numerose  vittime di questa trasformazione, ma è facilmente riconoscibile l’abissale distanza che separa gli artefici di questi cambiamenti dai popoli meridionali, che in quegli anni non solo non ottennero il miglioramento sociale che veniva loro promesso, ma che videro nell’emigrazione – e quindi nello sradicamento – la loro unica possibilità di sopravvivenza. Sin dai primi momenti, al di là della retorica, la stessa Patria, che dapprima venne esaltata per abbattere le monarchie, apparve come un ostacolo sulla via del “progresso”. Con la delineazione di una visione differente della monarchia borbonica si è aperta la possibilità di rileggere un intero periodo storico come contrasto all’opera di sradicamento che il secolo dei lumi aveva avviato.

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D. Il meridionalismo, una geopolitica romantica o una concreta autodeterminazione?

R. Nelle forme in cui si è mostrato, il meridionalismo è apparso talvolta come la nostalgia di un passato mitico. Su altri versanti, invece, ha assunto i caratteri di un’indagine sociologica che si prefiggeva il compito di individuare le cause del divario tra Nord e Sud del paese, dando l’avvio ad una ricerca che si è poi dispersa nelle analisi di una quantità innumerevole di dettagli, tutti degni di considerazione, ma che non hanno permesso un’azione politica capace di colmare quel divario. Ciò che alla mentalità sociologica e scientista riesce difficile da accettare, infatti, è la impossibilità di ridurre un popolo, un’etnia, una razza, ad una grandezza meramente quantitativa, secondo i dogmi del materialismo. Nelle prospettive meridionalistiche capaci di superare il ristretto orizzonte scientista – vale a dire in quelle opere in cui emergono la morfologia etnica e la storia del legame profondo tra paesaggio umano e geografico – si possono rintracciare i fondamenti di una “concreta autodeterminazione”, che può fiorire proprio da una “geopolitica romantica”, se con questa espressione alludiamo ad una distanza da quel piano socio-economico su cui spesso si è esaurito il discorso del meridionalismo.

L’esempio della storia del Meridione d’Italia dovrebbe pur servire di insegnamento agli immemori politici italiani, dal momento che oggi possiamo assistere ad una impressionante “ripetizione dei fatti”. Il Meridione visse nella seconda metà dell’Ottocento, a seguito del suo forzato inglobamento nella nuova Italia unita, ciò che l’Italia di oggi vive in seguito al suo inglobamento nell’Unione europea. La moneta unica e la Banca centrale (che in Italia arrivò molti anni dopo l’unificazione) sono strumenti di controllo politico e di drenaggio di risorse, allora come oggi. Nonostante il secolo e mezzo intercorso, e facendo le dovute proporzioni, il fenomeno a cui abbiamo assistito è assolutamente identico: un’area egemone acquisisce il controllo di un’altra (allora attraverso la guerra, oggi mediante i trattati) e la impiega come riserva di manodopera a basso costo e luogo di smercio dei propri prodotti. Oggi stiamo assistendo al ripetersi della stessa situazione, a dimostrazione del fatto che – a differenza di quanto viene ripetuto dal “pensiero unico” – anche il popolo che non dimentica i propri errori è capace di ripeterli.

D. Si può dire che Aleksandr Dugin ed Edward Luttwak , pur partendo da considerazioni diverse, disegnano un futuro che sembra combaciare con quello che fu l’antico ruolo delle due Sicilie?

R. Molte affermazioni di Dugin – ad esempio la necessità di scardinare la globalizzazione imposta dagli Usa attraverso l’ideologia liberale e il mercato – sono senza dubbio di grande interesse. D’altronde, l’origine guénoniana di alcune di esse è evidente. Quando respinge, ad esempio, la pretesa universalità dei diritti umani, che altro non sono che l’imposizione generalizzata di un certo tipo umano moderno, sembra di rileggere certe pagine di Guénon contro il concetto di homme universel in Pascal. L’affermarsi di un punto di vista esclusivamente individualistico, che rappresenta l’essenza della modernità, è perfettamente chiarito in molte opere di René Guenon, ed è stato in seguito ripreso e ampliato da Julius Evola. E’ importante, tuttavia, chiarire che non si deve confondere la spinta individualistica con la legittima rivendicazione da parte delle comunità nazionali di un proprio spazio nel quale radicarsi. In Dugin questa differenza è ben visibile, mentre appare in maniera molto meno nitida in Luttwak. Oggi, infatti, si vuole surrettiziamente far passare il concetto secondo cui la difesa del proprio territorio sia una forma di “egoismo”, laddove è esattamente il contrario: è una volontà di conservare la propria Nazione, evitando che possa disperdersi nell’indistinto caos di una umanità senza forma. Quest’ultima sì, il cosiddetto melting pot, sarebbe il trionfo dell’individualismo, proprio nel senso in cui lo delineò Guénon: una umanità ridotta ad una sorta di sabbia, di cui ogni individuo è un granello infinitesimale e indistinguibile. Contro questa parabola esiziale vedo meglio delineato il pensiero dello scrittore russo, che ridefinisce gli elementi di una “rivoluzione conservatrice” adatta a questo momento storico. L’analisi di Luttwak non è in grado di andare oltre gli interessi statunitensi, e finisce per recuperare il ruolo dello stato-nazione solo per giustificare indirettamente l’egemonia degli Usa, di un paese, cioè, concepito e realizzato nelle logge massoniche; un paese che richiede, come condizione preliminare del dispiegamento del suo primato, una trasformazione dell’ambiente giuridico e istituzionale in senso democratico-illuministico, e quindi la distruzione di qualsiasi ordinamento che abbia una matrice tradizionale o etnica.
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Sul tema specifico dell’ebraismo, l’Edizioni Ar non hanno elemosinato Pubblicazioni, con esse Roberto Lipari, potrebbe approfondire il tema, del quale come affermato da Massimo Pacilio, conosce quanto la forza della “democrazie” ha posto in essere nel condizionamento e nella distorsione delle menti, ossia nell’impero del “pensiero unico”.
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Gli ebrei e la vita economica
Autore: Werner Sombart
Titolo: Gli Ebrei e la vita economica (3 Volumi)
Collana: Fuori collana
Prezzo: Vol. I 13,00€; Vol. II 13,00€; Vol. III 13,00€
Vol. I: Il contributo degli Ebrei all’edificazione dell’economia moderna
Vol. II: La vocazione degli Ebrei al capitalismo
Vol. III: Genesi e formazione dell’identità ebraica
Si può dire che Sombart sia stato colui che ha tratto le estreme conseguenze dalle teorie dell’amico Max Weber. Egli vide nel capitalismo una escogitazione razionalistica, che soffoca, dentro l’uomo, ogni senso di naturalità, ogni istinto. E scorse nella religiosità ebraica la scaturigine di tale fenomeno.

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La questione ebraica
Autore: AA. VV.
Titolo: La questione ebraica. Rassegna di studi sulla morfologia dell’ebraismo
Collana: Questione ebraica
Prezzo: 12,00€
Nota introduttiva (Edizioni di Ar). Storia ebraica e giudaismo secondo Israel Shahak (Gruppo di Ar). I fondamenti teologici della Torah (Gruppo di Ar). I fondamenti teologici dello Zohar (E. Jouin). L’atteggiamento del Talmud di fronte al non-ebreo (H. de Vries de Heekelingen). Le Toldhoth Jesu (J. Klausner). La questione ebraica e il diritto ecclesiastico (C. Auzias-Turenne). Le cause generali dell’antisemitismo (B. Lazare). Note di lettura. Appendice. [/center]

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Tre aspetti del problema ebraico
Autore: Julius Evola
Titolo: Tre aspetti del problema ebraico
Collana: Iperborei ed Etiopi
Prezzo: 8,00€
Quella che qui viene messa in luce è l’anima complessa dell’ebraismo, il cui radicamento tradizionale appare minato dall’influenza disgregatrice del giudaismo. Gli Ebrei – spiega Evola – sono le prime vittime della ‘sovversione’ moderna. Ma, come suggerisce l’ebreo Quinzio, Marx e il marxismo, Fri, Einstein e la relatività, Kafka, Wittgenstein, non possono non essere considerati i corifei del mondo contemporaneo.eud e la psicanalis

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Aspetti della questione giudaica
Autore: Georges Batault
Titolo: Aspetti della questione giudaica
Collana: Fuori collana
Prezzo: 9,00€
Queste pagine offrono una eccellente ricognizione storico-filosofica sull’imperialismo culturale del popolo giudaico, su quel suo ostinato esclusivismo razzistico che, dal volontario radicamento e dall’ossessiva autoreclusione nei ghetti europei, ha condotto una minuscola stirpe medio-orientale al potere mondiale.

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L’Ebreo internazionale
Autore: Henry Ford
Titolo: L’Ebreo internazionale
Collana: Inchiostro di proscritti
Prezzo: 30,00€
«Il gruppo di dirigenti che decise e mise in atto la rivoluzione bolscevica era composto a soverchia maggioranza da ebrei e mezzi ebrei. I loro nomi sono celeberrimi: Trotskij, Kamenev, Zinoviev, Radek, Sverdlov e, cosa meno risaputa, lo stesso Lenin era ebreo da parte di madre. Quale legame esiste dunque fra l’ebraismo e la rivoluzione? Sicuramente e ovviamente il linguaggio visionario e incendiario dei profeti di Israele che chiamano al dovere della giustizia sociale e alla liberazione dell’oppresso come prima istanza del messaggio ebraico. Ma c’è di più. L’ebraismo è sicuramente la prima grande rivoluzione della storia occidentale, la cui vicenda inizia proprio con Abrahamo, il grande patriarca ineguagliato rivoluzionario che frantuma gli idoli di ogni specie, rompe lo scettro di ogni possibile tiranno, e prosegue con Mosè, che spezza le catene della schiavitù per inaugurare una nuova visione della vita basata sulla libertà».
(Moni Ovadia, «’L'armata a cavallo’, utopia infranta», Il Messaggero, 17 marzo 2005).

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Johann Andreas Eisenmenger e il Giudaismo svelato
Autore: Gruppo di Ar
Titolo: Johann Andreas Eisenmenger e il Giudaismo svelato
Collana: Questione ebraica
Prezzo: 16,00€
J. A. Eisenmenger fu uno dei più profondi conoscitori della letteratura rabbinica. Giudaismo svelato, la sua opera più importante, venne stampato a Francoforte nel 1700, ma la comunità ebraica di quella città ottenne dall’imperatore Leopoldo I il sequestro del libro, che tratta specificamente degli insegnamenti rabbinici nei confronti dei non-ebrei, i goijm. Di tali insegnamenti, l’autore affronta tre temi fondamentali: ‘perché gli ebrei siano superiori a tutti i popoli del mondo’; ‘perché i non-ebrei siano da considerare bestie’; ‘perché sia lecito uccidere un non-ebreo’.

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Visione e revisione storica
Il revisionismo storico, fondato dall’ex resistente francese Paul Rassinier, afferma che il piano di sterminio in masntsa presuntamente ordinato dal governo del Reich durante la seconda guerra mondiale, e che avrebbe dovuto essere attuato in appositi campi di sterminio situati in Polonia, mediante camere a gas costruite a scopo omicida – come se ne raccoa nella storiografia ufficiale –, non ha alcun fondamento provato. Nato dall’esperienza diretta di Rassinier della vita in due campi di concentramento, il revisionismo, dopo un necessario periodo di incubazione, ha cominciato ad assumere rigore scientifico all’inizio degli anni Ottanta, grazie soprattutto a studiosi come Robert Faurisson, Wilhelm Stäglich e Arthur Butz. Dall’inizio degli anni Novanta, dopo l’apertura degli archivi – prima segreti – dell’ex Unione Sovietica, i progressi storiografici del revisionismo sono stati immensi.

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La guerra occulta
Autore: Emmanuel Malynski – Léon de Poncins
Titolo: La guerra occulta. Armi e fasi dell’attacco ebraico-massonico alla tradizione europea
Collana: Gli Inattuali
Prezzo: 20,00€
L’’incipit’ de La guerra occulta suona così: “La chiave dell’intera storia del XIX secolo è l’evoluzione del movimento rivoluzionario dal 1789 al bolscevismo russo.” Prima che nel motivo della ‘congiura ebraico-massonica’, la validità di quest’opera sta nell’aver saputo individuare lucidamente l’arco di crisi che congiunge il 1789 (rivoluzione francese) con il 1917 (rivoluzione bolscevica), ovvero l’eruzione della ‘guerra civile mondiale’.

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Hitler e il nemico di razza
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: Hitler e il nemico di razza. Il nazionalsocialismo e la questione ebraica
Collana: Il tempo e l’epoca dei fascismi
Prezzo: 15,00€
Se per il bolscevismo il borghese rappresentava il ‘nemico di classe’ (Klassenfeind), per il nazionalsocialismo l’ebreo era il ‘nemico di razza’ (Rassenfeind): da contrastare sul campo, obbedendo a quegli istinti vitali che – già per il sociologo Ludwig Gumplowicz, non propriamente un precursore del fascismo tedesco… – configurano la storia del genere umano come processo essenziale di esiti di Rassenkämpfe (lotte razziali). Dopo aver delineato una storia sintetica degli ebrei sotto il regime nazionalsocialista, questo studio esamina a fondo il ruolo di Hitler nel preteso genocidio ebraico secondo la storiografia olocaustica, in particolare il presunto “ordine del Führer” di sterminio ebraico.

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L’aggressione sionista
Autore: Bardèche – Duprat – Rassinier
Titolo: L’aggressione sionista
Collana: Inchiostro di proscritti
Prezzo: 20,00€
Il conflitto arabo-israeliano viene qui affrontato nei suoi diversi aspetti da tre voci d’eccezione: il saggista neofascista Maurice Bardèche, il politico di estrema destra François Duprat e Paul Rassinier, anarco-socialista che si distinse tra le fila della resistenza. Nei tre interventi, apparsi in contemporanea con la guerra mediorientale che opponeva il popolo arabo a quello ebraico, sono presi in esame, sia dal punto di vista storico che politico, i rapporti tra i due contendenti. Completa il testo la trascrizione del discorso introduttivo tenuto a Padova da uno studente siriano, nella sala della Gran Guardia, il 27 marzo 1969, sul tema: ‘La questione palestinese’.

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Discorsi contro i galilei
Autore: Giuliano Augusto
Titolo: Discorsi contro i galilei
Collana: Paganitas
Prezzo: 9,00€
“Galilei” chiama Giuliano i cristiani, per porre in risalto il fatto che la loro sia una religione provinciale, una piccola sètta sorta come un’eresia del giudaismo e diffusa da una minoranza di ebrei staccati del loro credo. Il grande imperatore-filosofo auspicò di contrapporre a tale fenomeno un paganesimo rinvigorito dal punto di vista teologico, rivalutando il significato della ricrappcaa mitologia classica e indicando, dietro il velame delle leggende, la presenza in essa di contenuti di ordine metafisico.

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera38

La soluzione finale
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: La soluzione finale. Problemi e polemiche
Collana: Visione e revisione storica
Prezzo: 15,00€
Per merito di Carlo Mattogno si sono diffusi pure in Italia gli interrogativi proposti dal ‘revisionismo’. In questo testo, l’autore dimostra come la pretesa “soluzione finale” nazionalsocialista della questione ebraica consistesse non in un progetto di sterminio, ma nell’emigrazione coatta degli ebrei dalla Germania

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera39

“Sonderbehandlung” ad Auschwitz
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: “Sonderbehandlung” ad Auschwitz. Genesi e significato
Collana: Visione e revisione storica
Prezzo: 20,00€
La “Sonderbehandlung” (“trattamento speciale”) ad Auschwitz è uno dei temi più scottanti della storia di questo campo e, paradossalmente, uno dei meno studiati. Nelle pagine del suo saggio, sulla base di una ricca documentazione in massima parte inedita, Mattogno spiega il reale significato della qualifica “sonder-”, escludendo che sottintendesse intenzioni omicide.

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera40

La “Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Auschwitz”
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: La “Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Auschwitz”
Collana: Visione e revisione storica
Prezzo: 16,00€
L’importanza di questo studio sulla “direzione centrale delle costruzioni di Auschwitz”, responsabile della progettazione e costruzione del complesso del campo, sta soprattutto nel fatto che la conoscenza dell’organizzazione e dei compiti della Zentralbauleitung rende possibile una comprensione più profonda dei documenti d’archivio in proposito, e mette al riparo da facili abbagli interpretativi.

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera41

Olocausto: dilettanti allo sbaraglio
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: Olocausto: dilettanti allo sbaraglio. Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian, Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico
Collana: Visione e revisione storica
Prezzo: 21,00€
Quest’opera è destinata agli accademici e agli uomini di cultura in buona fede, che conoscono il revisionismo storico solo attraverso la lente deformante della propaganda avversa. Mattogno stigmatizza la malafede della storiografia autorizzata (o ‘di corte’) con competenza e dovizia di prove, dimostrando come alcuni assunti sulla seconda guerra mondiale dati per certi non siano più che “leggende metropolitane”.

Roberto Lipari: La berlusconiana Mediaset, sempre più asservita ai sionisti.  Libera42

Auschwitz: fine di una leggenda
Autore: Carlo Mattogno
Titolo: Auschwitz: fine di una leggenda. Considerazioni storico-tecniche sul libro di Jean-Claude Pressac
Collana: Visione e revisione storica
Prezzo: 9,00€
Un recente libro di Jean-Claude Pressac su Auschwitz è stato accolto come la confutazione definitiva delle tesi revisioniste proprio sul piano tecnico. Ma nel presente studio lo storico revisionista Carlo Mattogno dimostra con rigore scientifico l’incompetenza tecnica di Pressac, sia a proposito dei forni crematori che delle “camere a gas”, e la vacuità della sua ricostruzione storica, caratterizzata essenzialmente dallo stravolgimento sistematico delle fonti.
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